I nostri sistemi biologici si sono evoluti distinguendo chiaramente tra l’individuo e l’ambiente circostante: il sistema immunitario ha appreso cosa chiamare self (ovvero se stesso, strutture da difende e non attaccare) e cosa invece è non-self (per esempio batteri e virus che hanno anche il compito positivo di migliorare la nostra capacità difensiva), il sistema neuroendocrino ha imparato come regolare i metabolismi e i ritmi vitali a seconda delle sollecitazioni che vengono dall’esterno (per esempio luce-buio), l’apparato respiratorio e digerente sono in continuo contatto con sostanze che possono o non possono essere adatte per i nostri polmoni e per il nostro stomaco e così via. Noi esistiamo perché vige questa continua relazione.
Alcune volte, però, invece di osservare questa continua danza di scambio, l’attenzione si focalizza solo su due nature: quella interiore, individuale e quella esteriore ed estranea. Da qui sorge una sensazione di alienazione: pensiamo che dentro ci sia un io e che il mondo sia qualcosa che sta là fuori. L’esistenza comincia così a fondarsi su una sensazione di separazione e di conseguenza ci si deve circondare di difese, irrigidirsi, attaccare a seconda delle nostre modalità personali. Lo vediamo bene tanto nel corpo (allergie, intolleranze, mal di testa …) quando nell’animo (rabbia, delusione, illusione …).
Chi segue un percorso di auto-conoscenza, scopre, semplicemente osservando, che il modo situato là fuori entra in noi e continuamente ci spinge a modificarci e adattarci. Questo scambio è la fonte della nostra energia e della nostra forza (per esempio ci ossigeniamo e ci nutriamo). Ma a ben osservare, arriviamo prima alla percezione e poi alla reale presa di consapevolezza che noi non siamo i soli attori di questa esperienza; che, per esempio, non siamo solo noi a respirare in senso lato il mondo, la vita, l’esistenza tutta, ma che è essa stessa che sta respirando noi.