Cibo e spiritualità: indicazioni secolari

C’è un forte legame storico tra religione, spiritualità, ascetismo e regimi alimentari. Le diverse culture religiose, sviluppatesi in tempi successivi e con modalità anche molto diverse le une dalle altre, presentano interessanti tratti in comune. Tra le norme dietetiche contemplate dalle tre grandi religioni del Libro, ebraismo, cristianesimo e islam (che affondano le loro radici in un terreno comune, con conseguenti consonanze in molti aspetti della religiosità nonché nelle regole dietetiche), dalla tradizione filosofica classica greco-romana, dal buddhismo e anche dalla tradizione indiana troviamo infatti indicazioni che nella loro essenza sono analoghe.

Non dobbiamo pensare che per queste filosofie e religioni il controllo alimentare significhi o significasse solo un controllo delle pulsioni istintuali in senso repressivo, perché il corpo non sempre è percepito come un ostacolo per la realizzazione delle verità dello spirito. Esso è anche riconosciuto come un mezzo attraverso il quale l’anima può manifestarsi in tutta la sua bellezza divina. Il corpo è dunque quello strumento che, quando funziona bene, permette alla mente e all’anima di dedicarsi con profitto alla vita spirituale e alla religiosità in modo completo e proficuo.

Le varie tradizioni individuano in genere tre categorie di alimenti: quelli puri, quelli impuri e quelli neutri, oppure parlano di cibi che favoriscono un corretto sviluppo dell’individuo in senso psicofisico, di cibi che ostacolano questo sviluppo armonico e infine di cibi che lo impediscono del tutto.