Come spiega Rose von Thater-Braan in Presence (Francoangeli Ed.) ” Le varie differenze tra le scienze indigene e la scienza occidentale partono dall’interno. Lo scopo comune che guida la moderna scienza occidentale è la comprensione della natura per acquisirne un maggior controllo o, come direbbero alcuni, per mercificarla. Per contro nella scienza indigena l’intento fondamentale è divenire più umani e imparare a vivere in armonia con la natura e con gli altri”.
Quel che di solito si rimprovera al sapere occidentale è di essersi parcellizzato e frammentato, di essere troppo “scientifico”, schematico, troppo spersonalizzato e spersonalizzante. Tuttavia, non possiamo negarne anche risultati e successi, e neppure possono essere ignorati, dal momento che rappresentano molte volte soluzioni efficaci alle difficili situazioni in cui il genere umano si trova.
Le culture tradizionali ci offrono una visione più ampia in cui inserire questi traguardi, in modo da reinserire l’essere umano e la sua relazione con il mondo circostante in un orizzonte di senso allargato. Non è un invito al ritorno ad un fantasioso e bucolico passato in cui l’uomo viveva un idillio naturale; il mondo è sempre stato ostile e difficile, e quell’idillio è solo nella nostra immaginazione. Si tratta invece di attuare un cambiamento nel modo di vedere, sentire, indagare la natura. “Diventare più umani” significa iniziare a comprendere le cose in modo differente rispetto a come lo si è fatto fin’ora, rendendosi sempre più conto di relazioni, correlazioni e complessità, senza diventare schematici, ma rimanendo fluidi.
Questo riguarda anche il modo che abbiamo di pensare al nostro equilibrio, alla nostra salute e a quella di chi ci sta vicino, a come prendercene cura, ai tipi di approcci possibili e a come integrarli.