Vuoi davvero essere felice?

Un volantino, credo di qualche chiesa o setta, con questa scritta, a terra, in metropolitana, la scorsa settimana. È iniziato un lavorio mentale su questa ricerca della felicità che viene usata in tutti i settori: da chi vuole vendere un prodotto (molto spesso), da chi ti vende la fede, da chi ti vuole insegnare cosa ti serve davvero per essere vincente al lavoro.

La felicità a tutti i costi. Miraggio del nostro tempo.

In epoca romantica ci avrebbero presi per pazzi. Si doveva essere malinconici, sognatori frustrati, in preda alla risacca delle emozioni e le signorine dovevano svenire, essere pallide e strizzarsi in incredibili corpetti che impedivano una buona ossigenazione. Ma prendiamo atto che il giovane Werther non va più di moda con i suoi dolori dell’anima e neanche il suo italico amico Jacopo Ortis. Che magnifici ricordi da liceo, quando anche noi eravamo tormentati e alla ricerca del senso della vita!

Oggi invece questa felicità sbattuta lì, così apparentemente facile da raggiungere mi fa tristezza. Eh, sì. Proprio il sentimento opposto. Non ha profondità questa felicità, non è l’approdo di una comprensione, di esperienze, di vita. È acquistabile, schematizzabile (se fai queste tre cose tutti i giorni sarai felice… di solito c’è in mezzo una sessione di yoga!), alla portata di tutti, una corsa continua, ansiogena.

Ma com’è che alla fine non vedo  poi così tante persone felici in giro?

Quel che vedo sono maschere, sono “tutto benissimo, grazie”, sono “sarò felice appena raggiungo quello scopo/trovo la donna o l’uomo della mia vita/mi compro l’auto/faccio un sacco di soldi/ divento insegnate di yoga/ raggiungo l’illuminazione…” Salvo poi passare un sacco di tempo a lamentarsi per tutto quello che non si ha.

Intanto meglio dire che non credo che la felicità sia uno stato che possa durare nel tempo. Primo perché sarebbe contro natura.

La natura, infatti, è costruita in modo complesso se c’è la felicità ci sarà la tristezza, la malinconia, l’ira, l’ansia eccetera. Un solo sentimento, una sola emozione (fate voi i distinguo del caso che io ho sempre fatto fatica) non è reale. Per questo prima ho scritto che la felicità imperturbabile è il miraggio del nostro tempo.

Poi c’è un’altra felicità. Uno stato d’animo allegro, ottimista (ma sempre realista), moderato e sereno, a volte con punte d’entusiasmo per qualche novità davvero tale; uno stato terribilmente contagioso: cambia l’atmosfera dell’ambiente in cui entra e le persone si sentono migliori. Mère diceva a proposito: “La felicità è contagiosa come l’oscurità e nulla può essere più utile che trasmettere alle persone il contagio che viene da una vera e profonda felicità”. Usa le parole “vera” e “profonda”.

Quindi veniamo spinti (ci spingiamo da soli) verso una felicità di facciata tutta “ye-ye” e la confondiamo, salvo poi rimanere delusi, con una felicità-gioia che sa più di completezza, soddisfazione, pace. Sto dicendo una cosa scontata? Forse sì, ma succede a tutti. A tutti!

La felicità falsa è quella che sposta sempre in là il momento in cui si realizzerà davvero, mentre la felicità vera è quella che sa di essere una gioia sempre presente, anche quando siamo arrabbiati, stanchi, tristi, disillusi.

Alla vista del volantino di cui sopra, la mia domanda è stata: in un ambiente in cui viene venduta la felicità a tutti i costi cosa può fare un naturopata? Certo, penso spesso a quel che sono io e al lavoro che faccio, e quindi questa era pressoché l’unica domanda che poteva venir fuori. In ogni caso, credo che tutti desideriamo entrare in contatto almeno una volta con quel nucleo di gioia imperturbabile (non ho usato apposta la parola felicità) e che se si è riusciti a farlo lo si voglia far durare il più a lungo possibile. Per riuscirci occorre coltivarlo e accudirlo. Il che non mette al riparo da tutto il resto, perché, abbiamo già detto, la natura è complessa e se vivessimo in un solo stato d’animo saremmo alieni, cioè extra-terresti, originari di un posto dove vigono altre regole.

Dunque, per avere un assaggio di questo stato di gioia o per prendersene cura, i due strumenti che, nella mia esperienza personale oltre che professionale, trovo più efficaci sono la Floriterapia e la pratica Yoga: il giusto mix di Fiori di Bach con cui lavorare a lungo, e modificare a seconda delle necessità, e la giusta pratica, regolare. Tuttavia, anche l’alimentazione può fare tantissimo sullo stato d’animo. Più di quanto non si pensi. Del resto, i neuroni con cui trasmettiamo i nostri pensieri, di cosa sono fatti se non di molecole che introduciamo col cibo? È la nostra unica fonte con la quale costruirci (almeno per ora).

Tutto questo richiede un coinvolgimento personale, tempo, capacità d’ascolto, dedizione. Sì, ci vuole impegno, non è cosa di un attimo. Mère ha detto: “profonda”.

Vi lascio alle vostre riflessioni sulla felicità se vorrete farne e sugli strumenti di cui vi siete dotati o vorreste dotarvi. Ma soprattutto vi volevo dire che alla maggior parte delle persone non manca niente per essere felici.