Di solito si associa a chi si occupa di naturopatia e yoga una totale avversione verso la tecnologia. Non è il mio caso. Non sono una super esperta, tuttavia i nuovi modi di comunicare mi appassionano e pure capire le tecnologie che li supportano.
E’ bello poter parlare con persone lontane, immerse in culture diverse (nonostante la globalizzazione, le forme mentali non sono poi così uniformate), sapere come la naturopatia e i rimedi naturali sono proposti e utilizzati in altri paesi.
E’ bello fare una conferenza virtuale dove chi è lontano può ascoltarti, chiedere e dire la sua, da casa.
Si dice che tutta questa tecnologia ci stia allontanando dagli altri. Secondo me non è così, almeno per me non è così: mi avvicina.
Tuttavia è vero che si rischia di rimanere in modalità “on” tutto il tempo. Ormai stanno nascendo molte iniziative di digital detox. Per il naturopata un elemento in più su cui riflettere quando fa il suo lavoro.
Mi spiego meglio. Di solito ci occupiamo di depurare e detossificare il corpo (con le piante officinali, con l’alimentazione, con tecniche di respirazione o pratiche come le frizioni) possiamo spingerci nel riequilibrio del sistema nervoso, “ripulendolo” da preoccupazioni e ansie. Ma credo che dovremmo iniziare a domandare ai nostri clienti quanto tempo passano davanti a un cellulare o uno schermo. Prima di tutto per supportare la vista (che ne risente) poi per iniziare a consigliare di ritrovare dei sani ritmi di connessione. Inutile chiedere di eliminare i nervini appena svegli se poi ci si connette immediatamente appena scesi dal letto (o quanto si è ancora a letto?!) mettendosi in una modalità adrenergica (cioè attivando subito le surrenali per “reagire” a uno stimolo). Social/like/emoticon varie = caffeina.
Visto che l’essere umano funziona bene solo se rimane in una certa ritmicità, per farla semplice se rispetta tempi pieni e tempi vuoti (basta pensare al sonno e alla veglia, al riempire la pancia e svuotarla, a inspirare ed espirare…), dovremmo iniziare a introdurre una consapevolezza anche rispetto all’essere in modalità “connessione” o in modalità “mi disconnetto” e sono capace a stare da solo in un tempo in cui apparentemente non succede niente.
Gli strumenti li abbiamo. Nuove sfide alle quali le conoscenze tradizionali (poiché sono universali) sanno rispondere in modo ottimo.
Io stessa ho sperimentato proprio ultimamente la libertà di non accedere ai social per tre giorni. Solo tre giorni e il mio pensiero era più lucido e ordinato, le priorità erano ristabilite, il senso di avere un sacco di sollecitazioni alle quali fare fronte evaporato. Forse il mio detox è stato più facile perché l’intossicazione non era grave, ma è bastato chiudere e rivolgersi all’interno, respirare, fare passeggiate, prendere il mio mix di fiori di Bach. Certo dietro ci vuole una consapevolezza e un’identità strutturata, questo rischiamo di perdere se non impariamo a usare le nuove tecnologie. Ma non è sempre stato così, anche con le sfide del passato?
Nuove richieste di adattamento, dove la nostra umanità deve essere sempre più “umana” per essere attori delle nostre vite e della nostra evoluzione.